Dispensa Monete Complementari

Le Monete Complementari. Una dispensa esplicativa.

La scienza economica non ammette l’esistenza delle monete complementari. La visione di Keynes sostiene che non si possa superare il problema della scarsità artificiale della moneta con la proliferazione spontanea di sistemi monetari concorrenti giacché ciò non risolve il quesito su cosa renda una moneta adeguata e sufficiente. (Trattato sulla moneta, 1930)

Ma a dispetto del pensiero Keynesiano e della scienza economica, l’idea che sistemi monetari distinti possano coesistere, servendo diversi scopi, forme o luoghi di relazioni socio-economiche, ha dato vita ormai da quasi un secolo a una sorta di biodiversità monetaria crescente in numero e complessità.
E anzi, è proprio a seguito della drammatica crisi del 1929 nascono i primi esperimenti di monete complementari.
Da allora queste esperienze si sono diffuse nel mondo, rispondendo ad obiettivi di volta in volta diversi, con meccanismi di funzionamento di complessità crescente e con rapporti sempre cangianti con la moneta ufficiale.

Tutte le esperienze di monete complementari hanno una dimensione territoriale, nella gran parte dei casi si tratta di un territorio fisico e il rapporto con esso è sia di elaborazione che di appartenenza. Il territorio di riferimento può anche non essere un’entità geografica ma una rete nella quale si creano comunità di soggetti che acquistano beni e servizi utilizzando altre unità di valore.
Accanto alla dimensione territoriale, le monete complementari devono necessariamente legarsi ad una comunità d’uso, un legame insieme simbolico e concreto.
La dimensione comunitaria evidenzia la necessità di una solidarietà interna alla comunità che, nell’ambito di una territorio delimitato e del comune riconoscimento del valore dei beni e servizi che si scambiano, determina e accoglie regole comuni nell’uso della moneta complementare. In questo senso la moneta complementare è moneta solidale e sociale al contempo.
Ma non è tutto, la moneta complementare, per essere efficace, deve dimostrare di essere compatibile con il sistema monetario ufficiale: esse si trovano nella difficile situazione di non poter semplicemente duplicare o estendere funzioni che la moneta ufficiale svolge più agevolmente, né possono fare a meno di una qualche relazione con essa.
Compatibilità e sostenibilità sono due piani necessari di confronto fra monete complementari e monete ufficiali; aspetti che attengono alla loro efficienza, come al loro funzionamento simbolico. La moneta complementare non funzionerà meglio se si limita a sostituire i flussi della moneta ufficiale con un nome diverso, né se si porrà il solo obiettivo di aumentare il potere d’acquisto dei soggetti marginalizzati all’interno della comunità senza proporsi di stimolare la loro capacità di contribuire a creare valore all’interno di quella comunità. Sul lato del funzionamento simbolico se alla moneta complementare si pretende di assegnare un ruolo di opposizione frontale alla moneta ufficiale, il rischio è quello di creare comunità chiuse, portandole al fallimento. 

Eppure la moneta complementare deve necessariamente affrontare il problema della sovranità legato tanto alla emissione monetaria, quanto alla funzione di garante del funzionamento del sistema. Vi è qui il problema decisivo dell’individuazione dell’autorità che deve garantire la simbolicità della moneta, quanto tutti i vari interessi che compongono un sistema monetario diverso da quello ufficiale.
La necessità di garantire la terzietà dell’autorità fa sì che sia lo Stato centrale a detenere le competenze legislative in fatto di moneta.
Allo stesso modo è controversa la concezione di territorio in cui una moneta complementare circola e dentro il quale la comunità opera.
Le monete complementari per il loro tratto comunitario, solidale e sociale, non possono che essere un mezzo di pagamento garantito da una stabilità, orientata a rendere possibile e legittimo la spendibilità della moneta all’interno di una comunità. Occorre un’economia politica delle monete complementari che, oltre a rivedere le funzioni classicamente attribuite alla moneta (misura, mezzo, riserva) e le loro reciproche relazioni, sia chiamata a determinare le condizioni di esercizio (e quindi anche i limiti di esercizio e di funzionamento) dei sistemi di monete complementari e forse lo stesso pensiero sul ruolo della moneta oggi.

Cosa sono le monete complementari: definizione

Sono certamente un mezzo perché legate alla possibilità di effettuare un pagamento e ciò implica la necessità di incentivarne la circolazione e disincentivarne l’accumulo. Ma in relazione ai fini, sono anche una misura, un elemento di equilibrio tra tutti i partecipanti ad un sistema di scambi che evidentemente instaurano con esse (e fra di loro) un rapporto di fiducia.
I circuiti complementari si affiancano alle valute ufficiali, senza sostituirle e hanno solitamente validità in territori e comunità delimitati. All’interno di architetture istituzionali solidali e unitarie, per quanto diverse da quelle ufficiali, costituiscono un elemento di unità e di comparazione per ciò che altrimenti sarebbe molteplice e disparato (come nel sistema del baratto).

Quante sono?

Negli ultimi decenni, dalla metà degli anni ‘80 del secolo scorso, si è assistito ad una crescita impressionante di esperienze di circuiti monetari complementari. Le stime su questo sviluppo sono molto variabili e poco ci dicono sul loro significato economico e sulla durata di questi sistemi monetari complementari, che in un numero non banale nascono, ma hanno durata limitata nel tempo. 

A cosa servono?

La moneta ha tradizionalmente tre funzioni: è misura di valore, mezzo di scambio e riserva di valore. La moneta moderna, a seguito dell’istituzione del gold standard (il sistema monetario nel quale la base monetaria è data da una quantità fissata d’oro), assolve contemporaneamente a tutte e tre le funzioni. La moneta complementare invece, per sua stessa natura, deve essere funzionalmente ben delimitata se non altro perché deve coesistere con la moneta ufficiale.
Ad esempio, spesso le monete complementari presentano delle limitazioni nella funzione di riserva di valore al fine di incentivare la circolazione della moneta e tassare la giacenza e l’accumulo.
Le funzioni monetarie vengono stabilite nell’atto di emissione sulla base delle seguenti condizioni:
• di spendibilità come mezzo di pagamento (che è la funzione propria del denaro); si tratta dell’accettabilità della sua stessa funzione all’interno della comunità in cui le monete complementari hanno corso.
• di accumulo (non spendibilità) come riserva di valore. Ma un modo per non spendere la moneta complementare è di convertirla in moneta ufficiale, per cui si stabilisce all’atto di emissione anche il suo tasso di conversione in valuta legale.
• di valore che per la moneta complementare è funzione decisiva in quanto determina la sua utilizzabilità all’interno del circuito di scambi, cioè in quale misura possa essere spesa, detenuta o convertita.

Quale è il loro valore?

La concreta emissione di una moneta complementare si ha, però, solo quando viene definito il rapporto fra un mezzo di scambio (un bene, una banconota o una scrittura contabile) e un’unità di conto.
Molte delle monete complementari hanno un rapporto di cambio fisso con la moneta ufficiale. Ma si può anche ricorrere ad altri standard internazionali quando il circuito di scambio travalica i limiti di una valuta nazionale. Spesso, quando i circuiti riguardano lo scambio di servizi, viene adottata come unità di conto l’ora di lavoro (banche del tempo).
Ogni sistema monetario complementare ben funzionante deve affrontare alcuni problemi fondamentali:
• le condizioni per l’emissione della moneta a favore di un circuito ben determinato;
• le condizioni per l’accettazione della moneta al suo interno;
• il tasso di conversione in valuta legale (ed, eventualmente, fra diverse monete complementari appartenenti a diversi circuiti);
• le condizioni e le limitazioni per la conservazione (accumulo) e per la dismissione nel corso del tempo o alla fine del circuito per la moneta non circolante.

In cosa si differenziano tra loro?


Le differenze fra le monete complementari possono fare riferimento alle seguenti caratteristiche:

Come si “batte” moneta complementare?

Vi sono tre diverse modalità di emissione di monete complementari:

  • • monete con copertura;
  • • monete fiduciarie;
  • • monete scritturali di tipo bancarie.

Nel primo caso, l’emissione avviene in base a riserve poste a garanzia. Tali garanzie possono avere forme diverse: in valuta legale (o in titoli ad elevata liquidità, come buoni del tesoro o buoni postali); in beni (come metalli preziosi); in panieri più ampi di beni (che però abbiano una certa consistenza nel commercio globale in modo da assicurare stabilità alla moneta).
Nelle monete complementari senza copertura (v. punti fedeltà delle compagnie aeree o alcune monete locali come la scozzese Eko) vi sono altre forme di supporto che ne assicurano la spendibilità, che ne supportano il valore. Al fine di assicurare questa spendibilità si possono adottare vari accorgimenti, come la possibilità di utilizzo garantita della moneta ad esempio per il pagamento delle imposte locali, oppure attraverso il demurrage nella forma di un trasferimento automatico di monete non spese entro il ciclo di vita della moneta stessa.
La terza modalità di emissione della moneta complementare è quella della creazione di moneta scritturale da parte delle banche quando, in presenza di ogni transazione, vengono registrati un debito per l’acquirente e un equivalente credito per il venditore. Queste “mutual credit currencies” sono di fatto monete bancarie. Su questo modello sono stati realizzati i LETS e la Batercard, un sistema di scambi di beni e servizi fra piccole e medie imprese a livello globale, con registrazioni contabili centralizzate, misurate in una apposita unità di conto.

Dove circola?

L’ambito di circolazione delle monete complementari costituisce l’elemento di accettabilità della moneta, il suo valore interno. La restrizione dell’ambito di circolazione può essere territoriale (nelle monete locali o comunitarie), ma anche uno spazio virtuale. Possono darsi anche restrizioni funzionali, ad esempio quelle determinate dagli scambi fra le imprese che aderiscono volontariamente al circuito e che le utilizzano come il caso di Batercard.
Ma perché l’accettazione di una moneta complementare sia effettiva occorre definire anche un regime di prezzi. La definizione dei prezzi può essere lasciata alla libertà contrattuale di chi scambia beni all’interno del circuito (come nel caso dei LETS o di Ithaca hours).
In altri casi, la fissazione dei prezzi in moneta complementare è determinata dalle regole stesse del sistema (è il caso delle banche del tempo o anche dei voucher sociali). Vi possono essere, infine, sistemi nei quali le monete complementari sono usate come mezzo di scambio in concorrenza con la moneta ufficiale. In questi sistemi viene data all’acquirente la possibilità di pagare la transazione,
in tutto o in parte, in moneta complementare, accordandogli uno sconto qualora decida per questa opzione di pagamento.

Sono convertibili?

Nei sistemi di scambi costruiti come circuiti chiusi, le monete complementari non possono essere convertite in valuta legale quando i detentori intendono uscire dal circuito e quindi le regole del circuito prevedono che essi rinuncino al credito maturato. In questi casi la moneta complementare non ha alcun valore esterno. E’ il caso delle banche del tempo.
Vi sono, all’opposto, sistemi strutturalmente aperti, in cui alla fine di ogni ciclo della moneta complementare, questa viene convertita in valuta legale. E’ il caso dei voucher o dei ticket restaurant, che vengono pagati in moneta ufficiale al momento dell’acquisto da parte dei datori di lavoro, vengono trasferiti ai dipendenti in quanto benefit salariale e da questi spesi presso gli esercenti convenzionati, i quali infine li convertono nuovamente in moneta ufficiale.
Negli altri casi la convertibilità viene data come possibilità. Le regole del sistema stabiliscono quando sia possibile esercitare tale opzione e a quale tasso di conversione debba avvenire. Questo tasso di conversione spesso prevede una differenziazione fra il prezzo di acquisto da parte dell’emittente rispetto a
quello di vendita, in modo da scoraggiare l’uscita dal circuito rispetto all’entrata.
I sistemi spesso prevedono incentivi per mantenere in circolazione la moneta complementare al loro interno. Si tratta di meccanismi che disincentivano l’accumulo indefinito, nel tempo e nell’importo, della moneta. Infatti, il rischio di un accumulo può essere quello di produrre un’onda inflazionistica inarrestabile perché l’accumulazione di crediti da parte degli utenti corrisponde ad un’accumulazione di debiti da parte dell’emittente.
La limitazione alla possibilità di accumulo della moneta può assumere varie forme: la fissazione di una data di scadenza entro la quale, se non spesa, la moneta perde istantaneamente e interamente di valore; oppure il metodo del “demurrage” per cui il valore delle scorte monetarie subisce una riduzione
graduale di valore, secondo una misura prefissata. L’importo stornato in tal modo può essere cancellato, trasferito all’ente gestore del circuito come imposta o contributo per il finanziamento di interventi d’interesse collettivo, redistribuito agli altri utenti della moneta che siano più inclini a spenderla, oppure
trasformato in una moneta diversa (complementare alla prima destinata ad altri ambiti di spesa o funzioni.

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